La poesia non è un tutto organico. Noi siamo abituati a considerare un testo poetico nella sua integrità e nella sua interezza. Secondo il nostro inadeguato giudizio tutto di un’opera poetica dovrebbe essere considerato grande poesia perché la si possa considerare come tale.
Shelley invece rivendica la non integrità dell’afflato poetico. Se di un testo ci fosse anche solo una scintilla che brilla di pensiero inestinguibile, ebbene quel testo è da considerarsi poetico. Tale scintilla può coincidere anche solo con una parola che, posizionata in un certo modo e accostata al contesto con un certo gusto, diventa la fonte dell’essere poetico.
La parte dunque vince sul tutto: il poeta non deve preoccuparsi che tutto sia frutto di intuizione e che porti il lettore al senso della poesia. Questa idea libera l’artista dall’angoscia del “tutto” e lo fa concentrare su ciò che è veramente importante: la ricerca di un grande pensiero.
Tale ‘centro’ lo possiamo trovare anche solo in una parola: in questo senso la poesia non ha regole e si libera entro la fantasia della mente che la concepisce: meno regolata essa è, e più spontanea e forte essa fuoriesce.
Una grande lezione di libertà e di naturalezza che fa scaturire melodie adatte a tutti coloro che sanno cogliere ‘la scintilla’ dove essa si annida prima di esplodere e bruciare in un grande fuoco.