Hai velato di azzurro le palpebre cucite
bianche sotto l’iride bruna e la retina
rispecchia la filigrana dei sentimenti
universali, biondeggiano sulle chimere
astruse afferrate al vento delle mani.
Dovresti sapere amica del cuore l’odore di
rosa con spine che sa il dilettarsi di parole
per prendere le distanze rispetto al luogo
determinato, pizzo di duomo, una grandezza,
uno splendore, il biancore nella trama delle vie.
Passeggiare sospesi nel vuoto sotto i capitelli
ammirando le vetrate e i corpi involti
come lascirsi nella corrente e superare
d’un balzo il passo del sincero per l’isola
medaglia: una faccia d’amore e una di timore.
Forse, padre, verresti anche tu sull’ottovolante
senza pensieri buffi o neri, senza panciotto a fiori
per origliare sul poco del figlio e compiangerlo
e così scoprire l’amore lascia finalmente
il sentimento senza griglie alle finestre.
Al termine del viaggio hai raccolto il vaso
e da orcio trasformato porcellana, di figure
hai dipinto te stessa con buffi aspri di cotone
per velare la febbre sul labbro dovuta a cibo
indigesto del parlare e parlare e parlare senza pioggia.
(1987)