Il verbo, orlo al silenzio
Lascia le peste già guaste,
ma insinua, inadatto,
il ferro che sbrana i pensieri
col dire: «Parlate,
lontani trascorsi».
Eppure la gabbia è ormai chiusa,
la tenta il canario e lo sa
che le piume terranno
un volo minuto, appena sentire
ch’è vivo, senza più voci
sui pini davanti alla casa.
Il canto è rozzura ma
niente ora c’è estraneo
e tutto è voluto, foss’anche
l’ingombro che dà la stanchezza,
il corpo vinto e, fragile assente,
il pensiero, prima che l’alba
tramonti e dichiari chiuso il teatro.
Bastiamo da soli a morire
gocce su pietra
grano allogliato sull’aja.
(1987)