Ave, cognizione di giovane pelle,
calda alle dita, liscia sul tatto,
all’iride abbronzata, scherzosa
su spalle rotonde.
Un confine di ‘io’ ci divide,
steccato imponente e non
coltivo di giardino, come
metafora impotente.
È questo che piange la
inutile immagine patetica, irrisa
dalla storia, ogni ventesimo secolo.
Non vale guardare assopita
vari palazzi. Se l’animo fosse
immortale, il nero fosse nero,
e il sapiente ingenuo davvero
non travieresti cellule sottili
e disillusione matura non ti farebbe
insensata, boccheggiare per trarre
dal capo un respiro ogni poco.
(1987)