A cicli il dondolare con le mani in tasca
impomatato al passeggio, bianco d’aurora,
regala vertigine dimenticata.
Non si sa dar pace
le macchine in strada
iniziate la sera a trascinare
umori desìderi
e finite al rollo salato
delle lacrime inghiottite intere.
O i due gemelli verdi uguali
con ciuffi negli occhi
ad attivare qualche richiamo.
Conti pause, affanno del brutto
che vanta le povere grinfe
dai verbi forbiti tra il mento e la gobba.
Così non si sa chi e perché
ha iniziato, forse già allora
sul collo delle spade sgranato
nell’onda del passo,
bighelli in cerca di caldo,
in amaranto. Sì, forse è così
in variate solette
vedesti primalta
la gente tra gli alberi.
Sbranato t’avrebbero non
prima d’uno stolido atempico
sorriso d’orante.
Solo il trascorrere è
intrascorso, mentre fuori il
mutare è gigante con occhi
infossati.
(1988)