Notasti col cembalo
Di che corde aurite e tinnanti
Con peste di tasti
Levasti lassù un inno
Senza pianti.
L’occhio triangolo guarda e risente
E non getta in torpore
Un nuovo tepore,
gioco di acque e
amante di simbolo.
Non merita forse fissare nel salso
La trama dei volti,
come muscoli guizzi
che squadrano il guardo
e terreno lo fanno?
Un solo salire
È scendere eterno,
e niente lo ferma
neanche il felice.
19 Gennaio 2000