Da: “I dieci racconti dell’aria”
L’ho sempre saputo. Sempre. Esiste un filo sottile, tela di ragno, tra la fine del lavoro e l’inizio del riposo che solo i non sposati come me riescono a capire in tutta la sua verità. E già ho commesso un errore. Ho detto non sposato. Meglio dire non più sposato. Da quando Moira se n’è andata e finalmente la mia casa è in ordine, (ma non certo la mia mente) aspetto con angoscia quel momento. Di mattina in fondo va tutto bene. Uscire di casa può persino essere confortante, almeno non ci sei più neanche tu. Chiaro che il lavoro in un caso come il mio diventa tutto. Il segreto sta nel trovarsi del lavoro per poter rimanere in ufficio fino a tardi. Se si sta fino a tardi arrivi a casa stanco e dormi subito. Una puntata al computer al massimo poi quando ti si chiudono le palpebre stacchi e non i pensi più.. Ma certe volte DEVI uscire presto. Non c’è nessuna scusa: non puoi neanche farti vedere sempre lì. Alla fine sospettano qualcosa, perché tutti ti scrutano, tutti vogliono sapere che cosa ti passa per la testa, tutti sono curiosi di sapere perché ti ha lasciato e poi si fanno risatine sulla sua insoddisfazione, anche se tu sai che non se n’è andata perché era insoddisfatta di te. Intendo sessualmente.
Allora devi andare a casa. Generalmente a questo punto bisogna trovare qualche scusa per tirare tardi. La spesa, il cinema no perché non si può, l’hai detto il giorno dopo che se n’era andata che tu lì non ci andavi più. Oppure fai il tratto più lungo passi per il parco e vai a vedere i ragazzini che si baciano sulle panchine: beati loro, se sapessero che cosa vuol dire voler bene a qualcuno fino a sposarsi. Mi fanno persino un po’ rabbia quelle coppiette, tanto loro non devono guadagnare, nossignori, loro pensano che tutto sia andare a letto il più possibile.
Ultimamente vado a prendere la pizza: si fa tanta di quella coda che non si arriva più. E’ proprio quello che ci vuole.
Perché non voglio andare a casa? Appunto per via di quel filo sottile. Si dipana e si dipana fino a quando non mi viene in mente lei il giorno che se n’è andata e la sua faccia. Sissignori la sua faccia. Non ha neanche pianto un po’. Se n’è andata. Andata via così, senza dire niente.
Mi piacerebbe sapere perché. Certe volte penso che se uno potesse rispondere a tutte le domande forse non avrebbe più bisogno di vivere. Io ho solo una domanda a cui non so rispondere. E’ questa appunto: Moira, perché te ne sei andata?
Adesso ogni tanto ha deciso di venire a trovarmi. Non lei, di persona. Qualcosa che le assomiglia. Io la sento quando arriva. Devo farmi trovare pronto. Mi lavo, mi faccio la barba e mi siedo sulla poltrona ad aspettarla. Non viene tanto spesso. Si siede lì e sta zitta. Mi guarda. A me va bene anche così. Ecco quelle sono le uniche volte che non faccio tardi per arrivare. Anzi volo via dall’ufficio.
Io la conosco bene e so quando vuole venire. Generalmente quando c’è una giornata di sole, perché a lei piaceva il sole. Non mi dice niente e io la guardo. Anche lei mi fissa. Ci guardiamo e non abbiamo niente da dirci.
Io credo che lei se ne sia andata perché non avevamo più niente da dirci. Se tu non hai più niente da dire a qualcuno te ne vai. Cioè lei non aveva più niente da dirmi. Io avevo tante cose da dirle, ma poi stavo zitto perché avevo paura che a lei non interessassero. Me lo faceva capire che non le interessava quello che avevo da dirle. Bastava un’occhiata e io stavo zitto. Allora leggevo il giornale e lei guardava la televisione. E stavamo lì. Ma almeno eravamo in due.
Anche adesso quando viene da me verrebbe voglia di chiederle se vuole guardare la televisione come ai vecchi tempi, ma poi mi sembra di parlarle come a un commilitone. Che cosa c’è tra me e un mio amico con cui abbiamo fatto il soldato insieme? Adesso, dico, non allora. Niente, anche se allora mi sembrava che fosse il mio migliore amico. Non ho più niente da dirgli. Con lei è stato un po’ così. Per non essere un commilitone non le dicevo più niente e lei si è ammalata di malinconia.
Io credo che la malinconia sia la cosa più bastarda del mondo. E’ per colpa sua che lei se n’è andata. In fondo con me non stava male. Io le lasciavo fare tutto quello che voleva e non le dicevo mai niente. Forse però ho sbagliato perché è così che le è venuta la malinconia.
Adesso è già qualche volta che dice che viene e poi non viene.
Anche stasera mi sembrava che dovesse venire e invece non è venuta. Si vede che avrà qualcosa da fare. Così io sono venuto a casa prima dall’ufficio e dentro non c’era nessuno. Pazienza. Sarà per la volta prossima. Tanto adesso è già ora di andare a dormire e il filo si è di nuovo riannodato. Quello che mi terrorizza è che il filo diventi troppo corto e non si possa più riannodare. In fondo finché è lungo abbastanza io spero sempre che lei si penta di essersene andata via e che ritorni. Ma se si spezza, non ritornerà più di sicuro. Mai più. E allora diventa dura. Proprio dura.
01/04/2002