Ali di corno ed ebano incise
a mitologiche,
liberano il peso immanente
dei pensieri
sacri o tristi, nel vieto
fermo d’inverno.
Perché è nel giallo fogliare
tra rombi turchesi, occasione
speranze, non spessore la
siesta, paga del giorno
forse o della notte
passata a pescare su melma
granuli per dire “Niente”
Sapere ballare al soldo del vento
così racconta la brezza –
oh, dolce economia del salice ingraziante –
uomini stufi d’inganni.
Ma chi sei tu, penna per dire
i recessi limacciosi,
fanfaluche apprezzate al bel mondo
per arte di sé?
E che forse vorresti coltelli
atti a incidere come propria natura
mentre filippini con mani
praticano ferite di sangue?
S’ha beneficio di stampa
ed eredità di legge solo
quando il continuo basso incedere
esplora anatomie dei
propri meati.
Perché forza sbrodoli e non
diminuisca pressione, falso silenzio
è d’uopo, facile memore
nero e giallo sotto il Trono.
Sopra, il Reale è coperto,
ruvida, non lenzuolo che disegni
una forma per, trasparenti,
lasciare, indovini, l’amaro del senso,
dell’impotenza ricamata sul fiocco
nastro, orpello capilleo al tatto.
(1987)