Piatisci un momento, piccola
perduta: non sai orientata abiurare
tempesta nel cumulo e folgore
la penna accecata.
Non dici profondo, sé fuori
vuoi o dentro la luce
parcheggia sentieri i pensieri
metterli in culla, allevarli…
Potarli, sedarli, ucciderli forse
come figli degeneri han frugato
un sentiero di scimmie in foresta
senza avorio lasciare ma
erbe strappate, spighe pestate e
scatole ossute di latta gettate.
Non c’è più rispetto dirai
che i figli rivisti fratelli e amico
qualcuno spiraglio di carne son ora
e le ombre attutite, foraggio
di se, concime d’odore gustoso
e rapace cellulare prigione.
Fortuna non sai com’è fatta
il sermo profondo del poi, che poi
non faresti le trappole nate o
catene ognivolta avvinghiato.
Ogni volta mio sé, hai disfatto
e rifatto pregando l’istante,
segnato veloce, passaggio di
visi rigati per poco
da sole lacrime tue.
(1987)